La mattina è iniziata così, con Giorgio che mi ha svegliata con un bacio prima di andare in ufficio e mi ha detto, sono dispiaciuto, è morto Robin Williams, pare si sia suicidato.
E così ho pensato ai film della mia infanzia e della mia adolescenza, ho ripensato a Mrs Doubtfire, a Patch Adams, a Goodmorning Vietnam, L’Attimo Fuggente, Peter Pan…e anche a quando stavo a casa dall’asilo o da scuola perché ero malata e intercettavo le repliche di Mork & Mindy. Ho pensato ad un grande, grandissimo attore, di quelli in grado di farti ridere o piangere disperatamente, di quelli in grado di farsi apprezzare per le capacità artistiche e non per le velleità di finire più di 400 volte in un mese in qualche giornale scandalistico. Della sua vita privata non si sapeva molto, nessuna paparazzata su qualche yacht al largo di Miami, una vita semplice, un matrimonio risalente a non molti anni fa, un Oscar vinto, l’interessamento per molte battaglie umanitarie. Chiaramente un segno di trovata maturità, dopo gli inizi turbolenti degli anni ’80, tra cocaiana, due matrimoni falliti, tre figli, il grande amico perso John Belushi…
Talmente discreto, nella sua semplicità di mestierante attore, che nessuno si è evidentemente accorto di quanto stesse male. Perché la depressione non è qualcosa che covi da un giorno all’altro, è una delle malattie peggiori al mondo, perché ti consuma senza che tu abbia la forza di lottare, senza che esistano medicine davvero in grado di curarti, senza che uno psicologo o uno psichiatra possano capire come estirpare il male di vivere, perché possono incoraggiarti ad estirparlo, capirne le origini, ma, alla fin fine, sei tu che lo devi estirpare. Quella di Robin Williams non è la prima (e purtroppo non sarà nemmeno l’ultima) storia di un grande artista, votato a suscitare le emozioni altrui, che non è stato però in grado di gestire le proprie, e di esse è rimasto vittima, a soli 63 anni.
Ne ho citati un po’, ma ci sono due film, tra quelli di Williams, che porto davvero nel cuore, per motivi diversi. Patch Adams, è del 1998, ma io lo vidi qualche anno dopo. Avevo perso mia mamma da poco, di cancro. Ho immensamente pianto davanti alla tv, perché a volte è più facile tirare fuori le proprie emozioni con un “intermediario” come la finzione cinematografica piuttosto che nel momento in cui la tragedia avvolge la tua vita, quella vera. Il film fu criticato dalla critica (non è una ripetizione casuale, i critici criticano di mestiere no?), smontato persino dal Patch Adams quello vero, ma io continuo a trovarlo uno dei migliori lavori di Williams, un’interpretazione forte e struggente. Una storia che unisce passione, lati oscuri della mente umana, amore, altruismo. L’Attimo Fuggente, invece, è del 1989. Avevo solo 3 anni quando fu realizzato, dunque lo vidi parecchi anni dopo. Già più che adolescente, replica in prima serata su non ricordo nemmeno quale canale. Rimasi ipnotizzata davanti alla televisione pensando che diamine sì, lo volevo anch’io un insegnante del genere. Uno in grado di interessare, spronare, spingere a reagire, a ribellarsi all’ottusità dei “grandi”. Un’anima sensibile che non ha pensato alla propria carriera, ma ai propri ragazzi. Un film che intreccia la dura realtà di un adolescente ricco ma ferito dalla totale incomprensione del padre, quella di un professore troppo visionario per l’epoca, ma dalla cultura superiore a tutti e soprattutto in grado di generare un’empatia in grado di fare breccia anche nei cuori dei più ottusi.
Voglio ricordarlo così, questo straordinario attore. Trasformista nelle apparenze e nella capacità di generare ogni tipo di emozione, dalla risata più sincera al pianto più commosso. Spero che, ovunque tu sia ora,la vita ti sia (finalmente) lieve.
Per tutti la vita è come un ritorno a casa: commessi viaggiatori, segretari, minatori, agricoltori, mangiatori di spade, per tutti… tutti i cuori irrequieti del mondo cercano tutti la strada di casa.
È difficile descrivere cosa provassi allora: immaginatevi di camminare in un turbine di neve senza neppure accorgervi di camminare in tondo. La pesantezza delle gambe nei cumuli, le vostre grida che scompaiono nel vento con la sensazione di essere piccoli… e immensamente lontani da casa. Casa, il dizionario la definisce sia come un luogo di origine sia come uno scopo o una destinazione. E la bufera, la bufera era tutta nella mia mente…
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