Il Libro della Giungla: il nuovo film Disney Animation

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Adoro i classici e i loro riadattamenti mi rendono sempre sospettosa. Così quando ho saputo che la Disney Animations aveva prodotto il film d’animazione Il libro della giungla ero rimasta perplessa, anzi molto più che perplessa.

Per una che odia qualsiasi rimaneggiamento di qualsiasi testo teatrale, era una pillola amara accettare che una nuova edizione in 3D andasse a sostituire il vecchio cartone che tante e tante volte avevo visto in videocassetta nella mia fanciullezza. Certo mi rendo conto che sto parlando di pellicole, cartoni disegnati e bidimensionali..insomma in effetti per il cinema di vera archeologia, ma, come sa chi mi conosce, le antiche vestigia per me hanno un fascino che il nuovo non ha. Quindi, quando sono andata all’anteprima stampa, ero molto distaccata ed invece..alla prima zampata di Shere Kan sono balzata sulla sedia dalla paura.

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Il lungometraggio è sorprendentemente coinvolgente grazie ad un fotorealismo spettacolare che unisce scenografie reali ad altre create in digitale. “È un film fotorealistico radicato nel mondo reale”, afferma a tal proposito il visual effects supervisor Robert Legato. “Credo che sia molto interessante. La sfida più grande risiede nel fatto che tutti noi – compresi gli spettatori – conosciamo molto bene l’aspetto degli animali nel mondo reale. Nel nostro film questi condividono la scena con un bambino vero. Dovevamo resistere alla tentazione di renderli troppo cinematografici. Il realismo doveva avere la priorità”. È un realismo da togliere il fiato, che ci fa davvero tenere il fiato sospeso mentre Mowgli intraprende il suo viaggio nella giungla di Kiplinghiana memoria ed incontra e si scontra con animali sempre diversi e temibili, come il gigantesco King Louie e le spire mortali di Kaa. Sono oltre settanta le specie di animali create per il film, tra cui anche gli immancabili Baloo, Bagheera, Shere Khan e i lupi che adottano Mowgli, oltre centinaia di primati, che formano l’esercito di scimmie che vive nella giungla di Seeonee. “Ogni animale esprime le emozioni in un modo tutto suo”, spiega il regista del film, Jon Favreau“Una tigre esprime rabbia molto diversamente rispetto a un lupo o a un orso”.

Proprio grazie all’incontro o scontro con queste diverse specie Mowgli cresce e comprende chi è in realtà e soprattutto cosa vuole per sé e come può sopravvivere nella giungla senza tradire ciò in cui crede. “Mowgli è un personaggio molto affettuoso e aperto nei confronti del prossimo”, afferma il produttore Brigham Taylor. “Accetta così come sono sia Baloo che Bagheera, ma deve capire cosa imparare da entrambi. Baloo gli insegna a essere se stesso e a utilizzare i propri talenti. Bagheera comprende l’importanza della comunità, delle strutture sociali, della disciplina e della collaborazione. Alla fine del film, Mowgli riesce a imparare qualcosa da entrambi, utilizzando i loro insegnamenti in un modo che nessuno dei due aveva previsto”. Mowgli diventa quindi adulto a modo suo, riuscendo a conciliare l’ideologia de “lo stretto indispensabile” (la canzone simbolo dell’antico cartone non manca!) di Baloo e quella del dovere di Baghera.

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Nel film Il Libro della Giungla a differenza del cartone del 1967, e in maniera più filologica con il libro, è dato maggior spazio ai lupi e questo permette di capire maggiormente la formazione di Mowgli, soprattutto è messo in luce il suo rapporto con la madre lupa Raksha. Un’altra differenza con il cartone è il serpente Kaa, in questa versione non più maschio. Il regista Jon Favreau racconta che il serpente è una delle creature che più gli erano rimaste impresse del film del 1967. “Non dimenticherò mai gli occhi ipnotici di Kaa, con quelle girandole che ruotavano vorticosamente”.  Ha dunque tenuto intatta questa sensazione, ma ha scelto di cambiarne sesso perché “Non c’erano protagoniste femminili nella versione del ‘67, dunque ho pensato che Kaa offrisse l’opportunità di cambiare le carte in tavola”. Anche Re Luigi è molto diverso da quello che ricordiamo della versione del 1967.

I filmmakers hanno modificato, infatti, sia l’aspetto che la specie di King Louie. “Nel nostro film, Louie è un gigantopiteco”, racconta il regista. “Secondo le leggende indiane si tratta di un animale sfuggente, una sorta di yeti della giungla. Dato che si tratta di un personaggio di fantasia, abbiamo aumentato le sue dimensioni e la sua altezza in modo smisurato”. Diventa così protagonista assoluto della scena, distruttore inarrestabile, travolto dalla sua smisurata sete di potere.  Questo lungometraggio, dunque, è una rielaborazione del classico Disney, non lo tradisce, anzi lo cita e gli rende omaggio, superandolo. “L’intensità del nostro film rispecchia il fascino mitico dei racconti di Kipling”, afferma il regista Jon Favreau, “ma abbiamo deciso di conservare anche alcuni degli aspetti più tipicamente Disney, presenti nel film del 1967. C’era un aspetto giocoso nella versione animata del classico Disney, amavo la colonna sonora e facevo dei sogni molto vividi sui personaggi. Ci sono alcune scene bellissime dal punto di vista visivo che ho portato anche in questa versione del film: Mowgli che attraversa il fiume sulla pancia di Baloo, gli occhi ipnotici del pitone Kaa e la maestosa parata degli elefanti”.  Il risultato è un film emozionante e coinvolgente, dove lo spettatore piano piano si lascia trasportare nei meandri della giungla dimenticandosi della finzione cinematografica. Dal punto di vista visivo, gli spettatori saranno immersi come mai prima d’ora in una giungla lussureggiante e piena di pericoli” afferma il produttore Brigham Taylor. “Alcuni spettatori si divertiranno a cercare di distinguere gli elementi reali da quelli digitali, ma pian piano verranno catturati dalla potenza emotiva del film e non ci faranno più caso. Jon Favreau ha creato una storia piena di cuore ed emozioni”. È alla fine è proprio questa la magia del cinema: riuscire a farci diventare parte della storia, divertire raccogliendo il miele per Baloo, incantarci di fronte alla maestosità degli elefanti e sconfiggere la paura ed affrontare le zampate di Shere Kan.

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