Una vita dedicata al teatro, suo grande ed insostituibile amore, ma come tutti i grandi uomini di spettacolo è uscito di scena senza troppo clamore, circondato dall’affetto e dalla stima di chi ne aveva apprezzato le grandi qualità di regista. A 80 anni è silenziosamente calato il sipario su Mario Missiroli, definito da molti “il ribelle del teatro”, che del palcoscenico aveva fatto la sua ragione di vita, innovandolo grazie alla sua concezione di “spettatore attivo”, che partecipa ad una “creazione artistica” e che entra in totale simbiosi con l’attore. Per tutta la sua carriera ha combattuto il conformismo e la consuetudine sulla scena. Molti addetti ai lavori considerano le sue opere un punto di svolta, poichè dal testo originale egli trae una sua personale interpretazione del lavoro, che lo porta ad esprimere un genere sempre contemporaneo ed attuale, senza condizionamenti dettati dalle mode del momento, con estrema libertà e coerenza in tutte le sue messe in scena.
Diplomatosi all’Accademia di Arte Drammatica, si affacciò dapprima al mondo del cinema, grazie alla sua collaborazione con Valerio Zurlini: famosa la sua regia del film “La bella di Lodi” (1963), in cui diresse Stefania Sandrelli; successivamente, divenne direttore del Teatro Stabile di Torino, ed ha diretto moltissimi altri grandi attori del teatro italiano, tra cui Monica Guerritore, Umberto Orsini, Anna Proclemer, Ugo Tognazzi e Valeria Moriconi.
Durante i quasi dieci anni trascorsi a Torino (dal 1977 al 1985), Missiroli realizzo’ alcuni tra i suoi lavori piu’ interessanti, ancora oggi ricordati per la loro struttura così innovativa e particolare: “Eva Peron” – con Adriana Asti, “L’ispettore generale”, “La locandiera” – con Annamaria Guarnieri, “Trilogia della villeggiatura”, “Il Tartufo” e “Zio Vanja”, fino ad arrivare all’apoteosi con “I giganti della montagna”, “Sei personaggi in cerca d’autore” e “La Mandragola”, ovvero alle sue messinscene maggiormente significative.
Uno scossone al teatro, dunque, grazie all’arte di un uomo che non ha mai accettato compromessi nè imposizioni, ma che con coraggio e determinazione ha impresso la sua personale impronta su copioni e testi teatrali già noti, dandone una propria ed originale visione, rompendo gli schemi piu’ classici e portando sempre in scena uno spaccato molto espressivo della nostra società, nel bene e nel male.
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