Operae 2015, qui e ora il design autoprodotto incontra l’impresa

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Inizia oggi la tre giorni dedicata all’autoproduzione, prima tra tutte ad aver dato voce ai designer indipendenti, apre oggi i battenti della sua sesta edizione intitolata Qui/Ora. Sotto effetto presente; Operae 2015, a Palazzo Cavour di Torino fino a domenica 8, fotografa la contemporaneità dentro cui si muove il progetto, “imperfetto, ingenuo e per questo anche estremamente ingegnoso”, così lo vuole raccontare Angela Rui, curatrice della manifestazione. Personalità emergenti dello scenario italiano e internazionale si preparano ad incontrare le aziende selezionate dalla Camera di Commercio di Torino e da Unioncamere Piemonte.

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Illuminazione, oggetti per la cucina, per il living, complementi, sperimentazioni e installazioni enfatizzano l’esplorazione di approcci innovativi e avanguardistici. E vedo la luce, quella di Davide Aquini che ritrovo con piacere all’ombra della mole. Lo status di self-made lo rende libero, mette in circolo non solo oggetti ma anche idee, dando linfa a una nuova artigianalità; sceglie marmo e ottone attingendo a un patrimonio diffuso. Gran Turismo nasce dalla sintesi di esperienza, conoscenza e gusto, una lampada dalla poetica retro futuristica del novecento che si ispira alla 6C 2300 di Alfa Romeo. Nella sua essenzialità evoca il razionalismo del primo dopoguerra, recupera materiali antichi e li aggiorna con rigore e ironia, sembra proprio un fanale sporgente schermato da una lastra d’ottone che crea una luce indiretta e soffusa.

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Seguo la scia luminosa e scopro Sacred Geometry, opere luminose più che lampade. Gio Minelli osserva le geometrie sacre e le applica al silenzio contemplativo. Grandi dimensioni per una serie di applique fuori misura che sembrano non avere una collocazione temporale. Anche queste in ottone, sono affiancate ad alluminio di diverse finiture e sono realizzate artigianalmente con l’impiego di macchinari di altissima precisione.

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Si accendono e si spengono semplicemente con un gesto le lampade Zero Ossigeno di Susanna Pilla. Per il suo brand Peralia presenta questa serie di apparecchi da tavolo per l’illuminazione prive di interruttore ma dotate di un sensore di prossimità che collegato ad un microprocessore permette l’accensione e lo spegnimento avvicinando la mano alla sorgente luminosa. Il Nome deriva proprio da questo, dalla quantità di ossigeno che rimane durante la combustione di una fiamma quando questa viene coperta. E guidato dalla luce entro in cucina dove Susanna dedica all’ambiente conviviale per eccellenza, una serie di tazze, sottopiatti e sottopentole. Reti e tonni simboli dal mondo marino evocano le tonnare del territorio sulcitano. Dipinti a mano ricreano le atmosfere suggestive di un luogo e della sua storia.

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Questa la possiamo definire la naturale evoluzione di un percorso dopo ciò che sta sotto vediamo quello che ci metteremo sopra. Iniziamo dalle pentole, Maddalena Selvini con S-pot pensa a un progetto che nasce dalla malinconia dei tempi in cui ci riscaldava intorno al calore di una pentola. Le sue si comportano infatti come stufe. In pietra ollare, materiale secolare ad elevata inerzia termica. Il coperchio è composto da 3 anelli che permettono all’utente di cucinare o riscaldare più di una cosa nello stesso tempo. Alcuni dei componenti, come il tappo della teiera, sono pensati per essere portati in tasca o nel letto per riscaldarsi. Un po’ come voler riportare nelle case moderne e ipertecnologiche un ricordo genuino, un breve passo di un’antica poesia invernale.

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La riflessione di Eva Parigi e Matteo Zatti di ZPStudio sulle forme archetipiche legate al cibo e l’omaggio all’essenzialità di un oggetto come la ciotola, da forma a Diogenèa, una matrice su cui mettere a confronto materie e lavorazioni diverse: dal marmo all’uncinetto, dall’erba palustre al legno carbonizzato, dal guazzo d’oro alla terracotta d’Impruneta; un racconto sugli oggetti di uso quotidiano, una ricognizione sui materiali e sulle lavorazioni artigianali a chlometro zero. Il potere attrattivo della narrazione cattura anche anche Josephina Munoz muove i suoi passi in zone aride e desertiche. Paysages Desértiques è una serie di piatti che esaltano texture naturali. Lo smalto di argilla lavorato con tecniche differenti assume un aspetto fine e uniforme. Presenta anche Atacama linea di vasi artigianali di diverse dimensioni e con diverse fessure.

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Quelli di Gumdesign sembrano i paesaggi mutevoli del cielo e della terra, luoghi magici appartenenti all’immaginario collettivo. Cumuli è una collezione di vasi che suscitano emozioni visive grazie a sovrapposizioni di forme dai contorni morbidi. Sono soffiati a bocca in vetro trasparente colorato adagiati su marmo di Carrara plasmato a tornio manuale. Solide basi a sostegno di bolle leggere. Il contatto tra loro genera un gioco di inclinazioni naturali della materia che diventa geometria sempre diversa.

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Dagli oggetti al complemento d’arredo. Qui il passaggio è segnato dalla sperimentazione di Marco Guazzini. Marwoolus è un nuovo materiale, risultato di una mescolanza tra polvere di marmo, cascami di lana e resina; viene realizzato con scarti di produzioni industriali, colato in stampi e ottenuto in blocchi. Può essere utilizzato per la realizzazione di oggetti, contenitori e anche tavoli dal forte appeal, conferito dagli inserti casuali della lana che creano motivi sempre diversi. Sorprende la sedia di Federico Peri, anche se la definizione è troppo stretta; Living in a Chair è piuttosto uno spazio vitale, un’unità completa dotata di seduta, mensola e contenitore, dedicata alla lettura e al relax. La struttura portante si ispira al mondo industriale, metallo bronzato con mensole formate da sezione di tubo d’ottone che ricorda quelli posti negli scaffali delle fabbriche prima di essere utilizzati per dar vita al prodotto finito. I piani in vetro bronzato e gli imbottiti evidenziano contrasti materici e sembrano essere sospesi nell’aria.

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Laura Daza sperimenta il colore, con Burnt Sienna studia il fenomeno naturale che trasforma il giallo ocra della terra di Siena bruciata in sfumature rossastre, ispirandosi così per la realizzazione di tessuti e contenitori. Con Colour Provenance indaga invece sulle antiche origini del pigmento, abbina reminescenze culturali a nuove identità creative realizzando una serie di oggetti. I vasi esposti a Operae hanno un gusto più estetico e decorativo che funzionale. L’olandese Floor Nijdeken riflette su come si diffonde la conoscenza oggi, i giovani usano i nuovi il web, i nuovi media e i mobile device, spesso l’isolamento ha la meglio sulla condivisione. Per questo inventa la sua installazione che definisce macchina sociale. Louise te Poele parla il linguaggio dello scambio soffermandosi su una delle forme più antiche di socialità: il ricamo in gruppo; non sembra ma in questa attività vengono raccolti comportamenti, conoscenze, competenze, abilità, memorie, valori e sentimenti. La linea di copri cuscini Crossover Collective è testimone silenziosa di questi incontri.

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Ma questa è solo una selezione, Operae 2015 prevede inoltre un programma fitto di incontri e workshop . Con Funk Design ci vediamo la settimana prossima, stay tuned!

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