Nasce nel 2015 dal dialogo tra il titolare di un’azienda agricola del piacentino e un architetto. The Shit Museum apre le porte del castello medioevale di Castelbosco e diventa teatro per installazioni in continua evoluzione. Esperienze estetiche e scientifiche, umane e animali che della deiezione fanno materia utile e più che mai viva. Un progetto che scardina preconcetti con una collezione di oggetti e complementi d’arredo che testimonia un processo di riciclo e rinascita, dove non esiste estinzione.
Se pensate che scrivendo di The Shit Museum incorrerò in una serie di battutine pecorecce scivolando su scontati doppi sensi, no, non mi avrete! Del resto oggi si parla di una risorsa primordiale che, strano a dirsi, ha sempre solleticato nell’uomo il desiderio di interpretarne le potenzialità. In passato nella medicina e nella letteratura, oggi la sua trasformazione parla di sostenibilità. Parla di rispetto, quello che dobbiamo a noi stessi e al pianeta che abitiamo. Solo per citare alcuni esempi, la Fondazione Bill e Mellissa Gates sta realizzando una macchina capace di produrre fino a 86.000 litri d’acqua al giorno con l’impiego di rifiuti organici di 100.000 persone. A Bristol invece è in servizio il primo bus ecologico della storia che utilizza biometano prodotto da un impianto fognario.
Ma torniamo in Italia, a Castelbosco, in provincia di Piacenza. Gianantonio Locatelli è il titolare di un’azienda agricola che produce latte per il Grana Padano, si trova un giorno a parlare con l’architetto Luca Cipelletti. “Allevo 2500 bovini di razza selezionata che producono quotidianamente circa 300 quintali di latte al giorno e 1000 di sterco”. Evidentemente per l’imprenditore, trovarcisi immerso fino al collo non è un problema e la visione del progettista non tarda a prendere forma. The Shit Museum diventa l’agenzia per il cambiamento. Ricerca, raccoglie fatti, documenti e informazioni sugli escrementi nella cultura, nella tecnologia, nella scienza e nella storia.
Biomeccanica e tutela ambientale si uniscono in un paesaggio agricolo dove quel castello, forse una volta incantato, si riscalda oggi con un sistema di digestori che trasformano lo sterco in energia e dallo sterco attiva la sua funzione enzimatica, dialogando con artisti, designer e scienziati sul suo valore e su infinite applicazioni. Sistemi di nuova concezione per ridurre l’inquinamento atmosferico ridisegnano il ciclo della natura in un circolo virtuoso. Nelle sale di The Shit Museum trovano spazio tutte quelle storie che nel passato hanno cercato di dare dignità e ruolo a questa materia. Dallo Scarabeo Stercorario, al suo utilizzo in architettura. Dalle opere letterarie di Plinio, alla più recente produzione artistica.
Sterco, rifiuto organico, deiezione, inizia a diventare complicato trovare sinonimi. Senza mediazione alcuna, in modo diretto, almeno una volta consentitemi il termine: merda. Legittimamente e dignitosamente merda. The Shit Museum non è solo ricerca incentrata sulla sostenibilità. Il suo valore concettuale trova declinazioni concrete nella produzione attraverso il riciclo e il riuso. Ho avuto l’occasione di sperimentare direttamente durante lo scorso Fuorisalone, dove al Siam, la Società di Incoraggiamento alle Arti e ai Mestieri è stata allestita Evolution, la mostra che anticipava le novità dedicate all’arredamento e al living quotidiano. Posso quindi dire di essere finito nella cacca, ma vi assicuro, nessuna sgradevole sensazione.
Si parte dal brevetto, l’elemento principale è la merda secca, risultato di un processo che la depura, la libera dal metano e dall’urea. Niente umidità, niente olezzo. Si miscela con argilla toscana, paglia, scarti aziendali e diventa Merdacotta. Ecco la materia prima utilizzata nella realizzazione di oggetti destinati al vivere contemporaneo back to basics. Oggi The Shit Museum Evolution si completa con una serie di prodotti primordiali suddivisi in cinque categorie, dalle forme semplici, pulite, rurali e dalla calda matericità.
Le piastrelle della collezione The Shit Muesum Evolution, sono una rivisitazione moderna della mattonella toscana in cotto. Forme elementari per rivestire pavimenti, pareti e muri interni e esterni. Possono essere utilizzate anche singolarmente come oggetti allegorici per appoggiare caffettiera o pentole o come sottobicchieri, fermaporta e fermacarte. Due le versioni, The Shit Tile quadrata e Hexagonal Shit Tile esagonale.
Di The Shit Museum Evolution fanno parte anche vasi e portafiori. Contenitori che riaffermano il principio di rinascita accogliendo terra e piante. Di diversi diametri e dimensioni sono più resistenti e più leggeri rispetto ai loro simili in terracotta. La loro superficie è decisamente più grezza e naturale. Quelli più piccoli possono essere usati come contenitori per penne e matite, in casa o in ufficio.
Ok, leviamoci la puzzetta sotto il naso. Se cristallizzata la Merdacotta può essere utilizzata anche per produrre oggetti per cibi e bevande. Design classico, quello del contadino, per intenderci, smaltatura trasparente apiombica, bordi spessi e volumi capienti. Queste le caratteristiche dei prodotti per la tavola, piatti fondi, piatti piani, ciotole, insalatiere, tazze e brocche firmati The Shit Museum Evolution.
Poi ci sono le icone, oggetti, mobili e complementi d’arredo. Il Giga Mattone sembra un meteorite caduto dal cielo o un reperto archeologico emerso dalla terra. Invade lo spazio con le sue dimensioni fuori scala. È panca e al contempo tavolo, liscio o cerato è completamente fatto a mano. Sempre della collezione The Shit Museum Evolution, il più piccolo Shit Cube. Triplice la funzionalità: sgabello, tavolo basso o comodino.
A Gianantonio Locatelli il fondatore di The Shit Museum, piace l’arte contemporanea e la usa per legare sapienza antica a tecnologie moderne. Il suo progetto mosso da senso di responsabilità e spirito etico trova sublimazione in questo. Non potevano quindi mancare i riferimenti al patrimonio artistico e culturale. Opere su tela di Roberto Coda Zabetta, dipinte con merda liquida, Ma anche la riproduzione di Merda d’Artista, in versione piano d’appoggio o seduta. Omaggio a Piero Manzoni che con coraggio, ha posto la materia al centro dei discorsi sull’arte
E per colei che qui è regina non poteva mancare un trono. L’immagine che meglio esprime il valore di ciclicità delle produzioni di The Shit Museum è la Shit Toilet, si insomma il cesso. Un contenitore per lei fatto di lei. Replica fedelmente il classico water degli anni Venti. È un oggetto da esporre, un pezzo unico solo su richiesta. Mi raccomando se lo incontrate, non usatelo.
Bene ce l’ho fatta, almeno credo. Pensavo sarebbe stato facile cascare in amene volgarità. Leggendo e scrivendo questa storia ho avuto la sensazione di trovarmi in un lontano terreno concimato di conquista. Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori.
E con questa storia di….. Funk Design ci diamo appuntamento alla settimana prossima.
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