Per anni quell’edificio mi ha incusso sempre un certo timore, fu per me il simbolo della fatica più grande ai tempi dell’università: la matematica. Ogni anno, di tentativi ne ho fatti davvero tanti, lezioni e esami si svolgevano proprio li, nell’edificio Trifoglio del Campus Leonardo al Politecnico di Milano, che ancora oggi ospita la facoltà di Architettura. Chi mi conosce sa che io e le materie scientifiche non ci siamo mai frequentati un granché. Il giorno delle prove mi avvicinavo all’aula da quelle rampe di scale che tremavano con me.
Sopraffatto dall’ansia quasi da non rendermi conto che mi muovevo all’interno di un opera realizzata dal progettista universale per eccellenza. Superfluo raccontare di Gio Ponti, un peccato non farlo. Per me, un’anima classica che parla a uno spirito innovativo con voce decisa. Decisa a tal punto da sentirla ancora oggi. Proprio qui, nell’ambito di Mi/Arch, appena concluso, è tornata alla ribalta Vivere alla Ponti, una mostra realizzata dall’Ordine degli Architetti e Muse. Un tributo all’home living e alla sua lungimirante idea di modernità. Un racconto tra immagini di famiglia, video, lettere, fotografie che circondano gli arredi disegnati tra il 1935 e il 1970 e che hanno rivoluzionato il vivere domestico delle case da lui progettate, arredate e abitate.
Archetipici storici emettitori di segnali da cogliere. Quasi un mantra quello di Molteni&C, che in collaborazione con il nipote Salvatore Licitra e lo Studio Cerri riediita un’intera collezione di complementi e oggetti. Riafferma valori con rispetto e innovazione. Nuovi materiali, nuove tecnologie, nuove funzionalità, ma solenne fedeltà all’originale. Progettate originalmente per Eurodomus 3, sedia e poltrona della serie Apta mantengono il loro carattere leggero supportato da una struttura in massello rivestita in pelle o in tessuto.
Semplicemente alluminio lucidato. Incita a sedersi e rinfranca nel relax con un discreto abbraccio sulle spalle, è la sedia Montecatini ideata per il Palazzo che le da il nome. Per l’appartamento di via Dezza, Gio Ponti disegna nel ’53 una poltrona riproposta oggi in piena riconoscibilità. Ottone satinato e pelle bicolore e volendo in tessuto punteggiato dalla stessa mano.
Sempre sotto lo stesso tetto, le librerie disegnate tra il 1956 e il 1957. Potrei impazzire, essenziali e sottili, mi sembra di vederli, tanti dorsini colorati che si spingono l’uno con l’altro. come piace a me! La collezione include anche Cassettoni, un mobile a cassetti declinato tra il ’52 e il ’55 in diverse versioni. Continua a riscaldare gli ambienti con il suo frontale spigliato, passatemi il gioco, quasi sfrontato con la sua vernice bianca che sfida la monotonia a suon di essenze: grandi maniglie applicate in olmo, noce nazionale, mogano e palissandro.
A chiudere il tea table, tavolino rotondo progettato nella metà degli anni ’50. Minimalismo di giochi geometrici, quadri circondati da cerchi. Metallo per gambe e per griglia verniciate a mano; e per coprire, un piano in cristallo trasparente.
Per completare la collezione cornici e tappeto. Per le prime linee geometriche si cercano sulla parete e si affiancano in varie dimensioni nella loro essenza di olmo. Il secondo mantiene l’eleganza e si ripresenta oggi ideale per il glamour attuale a più colori.
Sarà perché passo spesso sotto le finestre della casa di via Dezza, dove abitò dalla fine degli anni ’50, che a volte penso al mood avvolto nel fermento creativo di quell’epoca. Un Gio Ponti seduto su una sua poltrona a condividere riflessioni su approcci evoluti del vivere e dell’abitare. E me la immagino proprio così.
Sarà per questo che voglio vivere alla Ponti! Appuntamento alla settimana prossima con una nuova storia di Funk Design.
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