30 anni: tanti auguri a me!

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30 anni. Compiere 30 anni. Prima o poi so che ci sarei dovuta arrivare a scrivere questo editoriale, è da un anno che rimando, come si suol dire. Mi sento diversa questa mattina? Direi di no, le piccole rughe che mi vengono intorno agli occhi e agli angoli della bocca quando sorrido sono ancora tutte lì, le ho controllate allo specchio. Però se sono lì e ho potuto controllarle vuol dire che ho voglia di ridere no?

È stato un anno difficile, sicuramente il più difficile della mia vita adulta (voglio tralasciare l’adolescenza che ormai è, di fatto, un ricordo lontano), è stato l’anno dei cambiamenti radicali, l’anno degli stravolgimenti emotivi, l’anno dei pianti, l’anno di nuove cicatrici che sono ancora rosee e con la pelle sottilissima, pronta a riaprirsi da un momento all’altro. Però è stato anche l’anno della presa di consapevolezza, di chi sono, e di cosa voglio fare nella (e della) mia vita. È stato l’anno in cui ho smesso di sminuire me stessa per le difficoltà lavorative, e ho capito che non sempre è colpa mia, che essere bravi spesso non conta niente, nello specifico, scrivere bene, comunicare, come sto facendo ora con voi, non serve a nulla, quando ci sono di mezzo “il dio denaro”, le raccomandazioni, chi cede ai compromessi. Ho smesso di colpevolizzarmi per tutto, dunque, perché sì, fino a qualche mese fa qualunque cosa andasse storta “era colpa mia”, fino al punto di non ritorno, quello in cui mi sono detta: “Ale, che diamine, arriverai al punto di darti la colpa anche del surriscaldamento globale, i maró, la pioggia in agosto mentre sei in vacanza”. È un lungo lavoro, quello di non sentirsi più in colpa, ma ci sto provando, e sono molto orgogliosa dei passi avanti che ho fatto, specialmente nei rapporti interpersonali.

Eccoli qui, dunque, questi famigerati 30 anni, quelli in cui ti senti in bilico tra la forza e la vitalità dei 20 e qualcosa, che spinge dall’altra parte, e ti fa inesorabilmente rendere conto che, invece, i 20 sono lontanissimi. La voglia di fare e di mordere la vita è la medesima, le responsabilità diverse. Eppure, detto tra noi, non è affatto male, crescere. Quando sento dire con nostalgia “ah, vorrei avere sempre 18 anni” – penso – “sì, però, che palle!”. Che a 18 anni devi ancora fare la maturità e se ti va bene ti attendono poi altri 5 anni di studio, 1 di stage e poi, forse, un lavoro. A 18 anni vivi tutto con più intensità, dicono, ma in realtà a me sembra di non aver mai vissuto le emozioni chiaramente come adesso. Sento tutto, decifro tutto, non mi perdo né un piccolo momento di gioia, né un piccolo momento di dolore, vivo insomma, con quella buona dose di consapevolezza in più che a 18 anni non avevo affatto.

30 anni. Togliendo i primissimi di cui non ho molta memoria, direi che sono stati piuttosto intensi. La vita non mi ha privato di nulla, che fossero dolori o gioie. Non è raro che guardando al passato me ne senta addosso molti di più, di anni, e questo mi fa pensare sempre che l’età anagrafica, sia, appunto, solo anagrafica. Non sto svelando un grande segreto esistenziale, me ne rendo conto. L’ultimo anno è stato anche quello del coraggio: coraggio di fare delle scelte per il mio futuro, di comprare una casa e andare a vivere da sola. Sola è un aggettivo con cui ancora devo invece imparare a convivere. Sono tanto stanca di sentirmi dire che devo godermi la solitudine: tutti sereni, lo so, ci sono momenti in cui stare da soli è bello. Ma se per tanti anni non lo sei stata e stavi comunque benissimo, pesa. Pesa da morire, inutile raccontarsi palle e riempirsi la bocca con i vari “mi riapproprio dei miei spazi” “mi godo la vita” “sono padrona di me stessa”. Non siamo stati creati e programmati per stare da soli, l’uomo è un animale sociale, e la donna, forse, lo è ancora di più. Piantiamola con il “femminismo di ritorno” tipico da trentenne single, stare soli è una merda totale, giuro che ad ammetterlo si vive meglio.

30 anni. Certo che un mojito durante la settimana lavorativa non è la stessa cosa di 10 anni fa. A prescindere dal fatto che 10 anni fa non lavoravi, potevi andare a dormire alle 5 e alle 7 alzarti per andare a seguire una lezione di Filosofia Teoretica, prendendo appunti e capendo qualcosa. Adesso è già tanto se la mattina dopo non spremi il bagnoschiuma sullo spazzolino al posto del dentifricio (parlo per esperienza diretta, l’ho fatto. Poi ho smesso di lavarmi i denti nella doccia!). Ma io poi di base l’alcol non lo reggevo molto nemmeno a 20, c’è di buono che a 30 so distinguere un buon vino da quello che sa di tappo e mi diverto anche a farlo roteare nel bicchiere dicendo “c’è un aroma di arancia che anticipa il sordo fiorire di nettare di fico”, con aria da vera intenditrice.

Dicono che la giovinezza sia il periodo in cui parli più schiettamente, ma scherzano? A 30 anni hai raggiunto quella consapevolezza di te stesso e delle tue opinioni che ti permette di dire sempre quello che pensi. A 30 anni sei sufficientemente forte dal vedere allontanarsi una persona perché dalle tue labbra è appena uscita la verità. Questo non vuol dire che a 30 fai del male gratuito a parole, solo che la smetti di pensare che gli altri possano cambiare. Se non sei cambiato tu poi così tanto perché dovrebbero cambiare loro? E allora, se c’è qualche “pericolo ramo secco” nei dintorni, stai certo che a 30 riuscirai ad estirparli.

30 anni per commuoversi ad ogni amica che si sposa, partorisce, divorzia, si risposa, ripartorisce, ti chiede da fare da testimone-madrina, ripartorisce ancora, si separa, viene tradita. 30 anni per capire che fare l’amante non è una convenienza, ma una vera stronzata (perché a 20 lo pensavi: “figo, uno che mi piace ma senza obbligo di impegnarmi, tanto una che lo impegna c’è già”). 30 anni e i primi: “Signora ha da accendere?” – ovviamente accolti con sdegno e un “torna a ciucciare il latte ragazzino, il fumo è roba da grandi!. 30 anni per non resistere nel cantare a squarciagola in macchina “Gli anni” degli 883 e sorprenderti a ballare “What a feeling” mentre stendi i panni. 30 anni per concederti ancora, ogni tanto, qualche maratona notturna di Sex And The City, che, almeno, c’è qualcuna più sentimentalmente sfigata di te al mondo, anche se vive a New York, e già per questo ti batte. 30 anni per imparare a dire cosa ti piace e cosa non ti piace senza paura del giudizio altrui, 30 anni per sentire il desiderio di essere madre, cercare di non pensarci troppo e concludere tutto con un “mal che vada scappo in Spagna e faccio da me”, che qui, ora che un uomo decente salti fuori dal cappello a cilindro faccio in tempo a far la fine di Gianna Nannini.

Questi 30 anni sono tante, tantissime cose. Sono ovviamente anche tutte le persone che ho accanto, che camminano con me, che mi fanno sorridere, incazzare, piangere, che mi hanno abbracciata tantissimo in questo ultimo anno, a volte anche solo con una parola. 30 anni sono l’evidenza che da “piccolina di casa” ormai sono diventata a tutti gli effetti una donna anch’io. Ci ho scherzato e riso in queste settimane “di attesa”, ma fondamentalmente devo ammetterlo, per rinascere 30 anni, sono una vera figata!

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