– Datti una mossa non aspettare la cicogna – Recita il claim di una delle tristissime vignette che oggi tutti commentiamo in merito al fantomatico #FertilityDay istituito per la prima volta in questo 2016 ricco di sorprese (quasi mai belle purtroppo).
Per i primi 3 secondi ho ragionato da laureata in Comunicazione, con un bel po’ di esami di Pubblicità alle spalle, e mi sono detta: “Cazzo, hanno evidentemente ragione gli altri a dire che in Scienze delle Merendine per fare i copywriter della domenica si possono laureare proprio tutti”.
Passati questi 3 secondi ho reagito da Donna, e mi è montata una rabbia che probabilmente non riuscirò ad esprimere sensatamente nemmeno in questo Post che si preannuncia lungo e prolisso.
Ho letto le opinioni di molte colleghe e amiche, opinioni che condivido pienamente, anche se vengono da punti di vista differenti. Chi è già madre, ad esempio, chi non intende per nulla diventarlo, chi vorrebbe ma non può e altresì non può sostenere le spese mediche per la fecondazione assistita, chi vorrebbe ma non può perché non è stato ritenuto idoneo all’adozione e così via, in un dedalo infinito di possibilità, storie personali, sofferenze e vicissitudini che nessuna vignetta pubblicitaria, nemmeno la più ragionata al mondo, potrebbe rappresentare.
Ho 30 anni e sono single. Per scelta? No. O quantomeno non per scelta mia. Desidererei essere madre in futuro? Assolutamente sì, potrebbe capitare anche fra un mese, o fra un anno, due, tre. Il mio istinto materno c’è, forte e chiaro, e vorrei rassicurare ministri e ministre che lo sento anche dopo tutti i treni sui denti presi dall’altro sesso, quello con cui dovrei procreare. Non aspetto la cicogna, attendo un uomo con cui avere quella certezza di amore e condivisione che mi faccia pensare che mettere al mondo un figlio sia, appunto, un atto di amore, e non di egoismo. Attendo quella stabilità economica che, nonostante 6 anni di lavoro a culo quadro non ho ancora. Attendo di avere una casa sufficientemente spaziosa in cui accoglierlo, questo figlio/a, perché adesso vivo in 50 mq scarsi e faccio fatica a posizionare le caspule Nespresso, figuriamoci una culla o un passeggino.
Mi do una mossa, cara Ministra, cerco di farmi e rifarmi una vita in continuazione, conosco persone, talvolta mi piacciono, ci faccio un pensiero, ma qualcosa non è ancora andato per il verso giusto. E la cicogna non è ancora arrivata. E mi sento dire spesso che l’orologio biologico incalza, ci sono persino i medici a ricordarmelo. Sì, perché ogni volta che faccio una visita medica, cara Ministra, mi viene chiesto se “ho intenzione di avere figli, perché l’età è quella giusta”. E siccome sono stata un po’ sfortunata anche in questo negli ultimi anni ho qualche patologia che in futuro potrebbe il rendermi l’avere un figlio non così semplice e immediato. Secondo lei non ci penso ogni singolo giorno che Dio (o chi per esso, tanto io non ci credo) manda in terra? Ebbene sì, ci penso eccome. E le frasi a mezza bocca sul “è meglio sbrigarsi”, “è meglio fare figli da giovani”, mi feriscono, a morte.
Poi penso anche a quanto sia assurdo che una donna, ancora, nel 2016, debba essere vista e rappresentata come una macchina sforna pagnotte. Tutte belle, felici e sorridenti, dedite alla procreazione e al mandare avanti la specie. Nessuna considerazione istituzionale e seria del fatto che non è così semplice, non è affatto semplice, sole o accoppiate. Perché fino ad ora ho citato la mancanza di un uomo al mio fianco, fatto per altro condiviso con tante coetanee e non, ho accennato all’aspetto economico, che non prendiamoci in giro, conta eccome, potrei citare anche quello lavorativo, perché anche fossi tranquilla sugli altri due, come donna che ha studiato e si è fatta un mazzo così per raggiungere sogni ed obiettivi, non rinuncerei mai a tutto per crescere uno o più figli. Tata, asili, scuole, centri estivi, sensi di colpa da scarsa presenza, nonni che possono anche esserci ma non possono e non devono sostituirti sempre, preoccupazioni, conti, notti insonni, malattie, medicine, dottori, spaventi, feste di compleanno, vacanze. Non sono mamma, ma sono zia quantomeno, e mia sorella, che è una delle persone più importanti della mia vita, la vedo ogni giorno fare sacrifici inenarrabili. Eroina lei, e tutte le mamme che ogni giorno, in qualche modo, ce la fanno.
Eroine noi, che mamme vorremmo essere, ma non lo siamo ancora e chissà mai quando e se lo saremo, e, anche se il tempo di bersi l’ultimo mojito della vita è ancora lontano, ci pensiamo più e più volte al giorno che potremmo ritrovarci ancora sole, a 60 anni, a bere tisane al posto dei mojiti, senza essere riuscite a far volare nemmeno una cicogna telecomandata. Eroine tutte le donne che mamme non vogliono essere, e stanno bene così, e sono stufe marce di sentirsi ROMPERE I COGLIONI semplicemente per aver esercitato il sacrosanto diritto al libero arbitrio. Eroine tutte le donne che mamme non possono essere, per le più disparate ragioni, e saranno costrette a conviverci per sempre, in un dedalo di rimpianti e dolore che è empaticamente difficile comprendere. Eroine tutte, dalla prima all’ultima.
Non so bene cosa ho scritto sopra, e non intendo rileggere. Ma un po’ anche VAFFANCULO EMIGRO SU MARTE mi viene da dirlo.
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