Il blocco (superato) dello scrittore

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Quando uno che scrive di professione si trova a fronteggiare il cosiddetto Blocco dello Scrittore, signori miei, sono cazzi. Non volevo iniziare il 2016 così volgarmente, ma tant’è, concedetemelo, non è stato affatto un periodo facile, e ogni tanto qualche parolaccia può anche rivelarsi terapeutica.

Il blocco dello scrittore mi è venuto perché sono andata in corto circuito di nuove esperienze e nuove emozioni e la scrittura, che rimane sempre il mio mezzo di comunicazione preferenziale, richiede dei tempi di maturazione più lunghi, almeno per me, rispetto alla comunicazione verbale o al linguaggio del corpo. Dunque in questo periodo ho parlato moltissimo, con tante persone, mi sono confrontata con opinioni diverse dalle mie, mi sono confidata, mi sono sfogata, mi sono arrabbiata, ho pianto e riso in dosi abbondanti. Ho fatto un trasloco praticamente da sola, pulito, lavato, arredato e sistemato la mia nuova casa, anche questo in pressoché totale solitudine. Per scelta, un po’ perché non amo chiedere aiuto e mi secca da morire doverlo fare, un po’ perché sentivo di doverlo fare da sola, perché fa parte del processo di realizzazione che sì, anche se ancora non mi va a genio, sto davvero iniziando una nuova vita.

Chi mi segue sui Social non mi ha visto fare buoni propositi per il nuovo anno, auguri strappalacrime, ringraziamenti all’Universo Mondo…perché no, dell’anno appena andato, onestamente, non sento di dover ringraziare per nulla. Scusate, sarò una stronza egoista, il mio lavoro mi ha dato sicuramente molto, mi ha fatta viaggiare, come sempre, scoprire, consolidare rapporti di amicizia e professionali, e questo è fuor di dubbio, ma è stato anche l’anno in cui mi sono resa conto, a tutte mie spese, che non si vive per lavorare, ma si lavora per vivere. Ed è proprio così, te ne rendi conto quando la tua vita personale va in mille pezzi.

E così, in un processo che a molti potrebbe risultare contorto o assurdo, sono qui in questo inizio 2016 a mettere in discussione tutto. Non preoccupatevi, fa parte di me. Quando sono in crisi potente, al posto di riordinare, metto in discussione tutto, fino all’ultimo capello, e solo quando tutto è in discussione davvero, inizio a ricostruire, dunque è normale, fa parte del mio modo di fare. Non è nemmeno un toccare il fondo per poi risalire, quello è solo un modo di dire, perché di toccare il fondo non si finisce mai, ed è bene saperlo subito: quello che una volta ti sembra l’evento peggiore della tua vita verrà sempre superato da qualcos’altro, state sereni. L’aspetto positivo è che il medesimo processo accade anche per le cose belle, e dunque, anche quando ti sembra di aver raggiunto l’apice della felicità, succederà qualcosa che ti farà sentire ancora più felice.

Ma, dicevamo, il blocco dello scrittore. Ho mandato in vacanza MOMA dalla vigilia di Natale fino praticamente al 4 gennaio, e la scorsa settimana, ve lo confesso, sono usciti post che erano in bozze da tempo. Sono stata “in vacanza” io, così come la redazione di questo magazine, fedele compagno della mia vita da ormai quasi 6 anni. Ragazzi, sto riflettendo tanto, 6 anni non sono pochi. Se ci aggiungiamo anche tutti quelli trascorsi precedentemente nella blogosfera, un libro scritto sull’argomento, si potrebbe quasi dire che tutta la mia adolescenza, giovinezza e, ora, età adulta, siano ruotate intorno al mondo del blogging. Sto per dire che ne sono stufa? Forse sì. Forse, però, soffermatevi sul forse, perché quando qualcosa fa così parte della tua vita non può che essere una grande, enorme, passione, e delle passioni non ci si stufa, o almeno io non mi stufo.

Sono stufa, solo, di un certo tipo di blogging, quello che però, ormai sta prendendo il sopravvento. Quel blogging superficiale e sterile, in cui le opinioni, vere, sono lasciate da parte, e si scrive, quando si scrive, perché lo si deve fare. Sono stufa di quel blogging che non vede più i Social come uno strumento di supporto all’attività di blogger professionista (e professionale), ma bensì il contrario, ovvero uno strumento veloce, immediato e, diciamocelo, comodo, per fare due soldi senza troppi sbattimenti. C’è anche chi è arrivato ad adeguarsi a tutto questo per pura stanchezza della piega che ha preso l’ambiente, perché altrimenti non l’avrebbe mai fatto, credo. Però dico, proviamo a resistere no? L’ho già predetto nel libro, il blog, così come era nei primi anni 2000, non esiste già più da tempo, come l’abbiamo trasformato tra il 2009 e un paio di anni fa, non esiste, di nuovo, più. Occorre adeguarsi ai cambiamenti, certo, ma non soccombere o abbandonare le proprie convinzioni e la propria linea editoriale. Linea editoriale…sì, ma in quanti ce l’abbiamo una linea editoriale? Siamo in pochi, davvero pochi, e per questo dobbiamo cercare di resistere. Non necessariamente il nostro futuro è quello della trasformazione in testate giornalistiche, io personalmente non avrei le forze e le risorse, ora come ora, per un investimento del genere, resta il fatto che i nostri blog sono ormai prodotti editoriali online a tutti gli effetti, e questo, il mercato, non può ignorarlo. Che le persone leggano sempre di meno è un dato statistico che ormai ci esce dalle orbite lobo temporali, che però non dobbiamo coltivare l’attenzione di quelle persone che, invece, leggono ancora, dove sta scritto?

Ecco perché mi è venuto un po’ il blocco dello scrittore, perché ho passato giorni interi a chiedermi se anche io che ho sempre tenuto alla scrittura in modo viscerale, non mi fossi un po’ fatta prendere la mano dalla stanchezza e dall’abitudine, proponendovi pezzi che, con meno stanchezza in corpo, avrei stravolto e scritto diversamente. Credo che un po’ di autocritica sia necessaria no? E poi, come vi ho già detto, prima di ricominciare, se non metto in discussione tutto ma proprio tutto, non sono contenta. Ho pensato e ripensato ai post più letti di MOMA in questi anni, e me li sono andata a ripescare (grazie Google Analytics!), con sorpresa, o forse no, ho notato che sono quelli più personali, sentiti, originali, fuori dagli schemi, i più letti, talvolta anche i più indicizzati. A prescindere dalle vicissitudini sentimentali su cui ho scritto vari capitoli dalla primavera scorsa in poi e che mi hanno fatta diventare quasi una “posta del cuore” (in quanti mi avete scritto per raccontarmi i vostri periodi di M simili al mio? Tantissimi, e rispondendo ad ognuno non potete nemmeno immaginare quanto io abbia aiutato anche me stessa!), ci sono reportage di viaggi che vanno per la maggiore, così come gli articoli di moda che rispondono a problemi ed esigenze specifiche, tipo quella, che a voi sembrerà banale ma non lo è affatto, del come e dove trovare stivali se si hanno i polpacci larghi. Ci sono le mie opinioni su Depop e sugli account migliori da seguire, c’è la mia faida contro siti inutili come Les Cahiers, ci sono, anche, tantissimi post scritti da collaboratori top come Francesca Lo Monaco e Riccardo Chiozzotto che, fin da subito, hanno portato in MOMA il loro stile personale e riconoscibilissimo, un po’ come, credo, sia il mio. E allora, la conclusione di tutta questa riflessione e pensare al passato, è stata che la chiave per non ritrovarsi bloccata davanti allo schermo bianco di Word, è quella di non scrivere mai “tanto per”. Tanto per pubblicare, tanto perché il SEO chiama, tanto perché con i publiredazionali tiri su due soldi in più, tanto perché stare senza pubblicazioni un paio di giorni pare brutto. Stop. Perché poi, tutto questo, alla lunga, in una come me che ama davvero mettere le parole in fila una dopo l’altra, provoca una stanchezza non controllabile e un’esplosione finale come quella, aridaje, del blocco dello scrittore.

Se siete arrivati a leggere fino a qui, comunque, mi pare chiaro che il blocco sia stato superato. E questa è una buona notizia, forse. La cattiva è che da ora in poi, come prima e più di prima, difficilmente su MOMA troverete della semplice informazione, ci sarà anche quella, certo, ma fatta a modo nostro, con una buona dose di personalità di tutte le penne che contribuiscono, e della mia. Dunque se volete solo leggere del vestitino della Star, andate altrove, se invece volete leggere del perché quel vestitino a quella Star, stia veramente di merda, potete rimanere qui con noi. Se volete leggere la trama di un film in uscita potete andare altrove, se invece volete sapere perché valga la pena muovere il culo flaccido post panettone di Natale e andare al cinema, potete restare con noi. Se volete semplicemente guardare due o tre foto di divani per arredare la vostra nuova casa extralusso potete anche starvene su Pinterest tutto il giorno, se invece volete sapere ogni pezzo di storia, iconografia, idea, artigianalità che sta dietro al divano che vorreste tanto nella vostra casa nuova, potete rimanere con noi. Potrei andare avanti così a lungo, descrivendo per ogni sezione di questo blog (e sono 9, mica cotica) i motivi per restare o andarsene, ma in realtà non è necessario, perché il motivo per cui vorrei tanto che voi rimaneste qui con noi può essere riassunto in una sola parola, una sola idea: “Cazzutissimo”.

Ho iniziato con una parolaccia, e chiudo con una parolaccia, che però in realtà non lo è affatto, è un augurio, l’unico che dopo questo stream of consciousness sento di fare a ma stessa, a tutta la redazione di MOMA, e a voi lettori. Cerchiamo di essere CAZZUTISSIMI quest’anno, insieme.

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