Certo che ne ho letto tante, negli ultimi giorni, a proposito delle nuove forme delle Barbie. L’ultima mi è scappata sotto l’occhio stamattina al risveglio, quando, prima di alzarmi e buttarmi in doccia, cerco di fare un minimo di rassegna di novità/eventi eclatanti notturni. Ad esempio, oggi avrei potuto parlare della toccante performance di Lady Gaga all’apertura del Super Bowl, e invece no, Barbie torna nei miei pensieri.
Il fatto è che le nuove Barbie sono bellissime, tutti i pensieri che vi sono stati formulati a latere un po’ meno. Al giorno d’oggi, anche grazie (anche se grazie forse è sbagliato) ai Social, tutto viene amplificato in modo paradossale, ogni piccola onda si trasforma in uno tsunami, il cono gelato diventa una coppa 13 gusti, un graffio sul viso l’aggressione di un Serial Killer. Il web è il miglior posto per esemplificare la storia di Pierino e il lupo, no? Tutti a gridare a grandi scandali per cose che scandalose non sono, finché poi tutto tace quando la merda, quella vera, si spande come veleno in ogni dove. Ma, non era questo il punto della mia riflessione, torniamo alle Barbie. Antefatto: il 16 gennaio 2016 mi arriva il comunicato stampa che annuncia il lancio di tre nuove versioni delle BarbieFashionistas®, l’incipit diceva così:
Barbie annuncia l’espansione della sua linea di bambole Fashionistas®, che includerà tre nuove tipologie di silhouette: alta, formosa e minuta, insieme ad una varietà di tonalità di carnagione, acconciature e abiti. Con queste novità, le bambine di tutto il mondo avranno un’infinità di modi per vivere tutte le storie che inventano ed esprimere la propria immaginazione attraverso Barbie.
Un’infinità di modi per vivere tutte le storie che inventano ed esprimere la propria immaginazione. Esatto. Come se io da piccola mi fossi mai posta più di tanto il problema del perché un Cicciobello facesse la pipì e l’altro no, o del perché alcuni Paciocchini fossero marroni e altri rosa. Erano Paciocchini e basta. Il fatto è che un giocattolo non è altro che un giocattolo, per un bambino, siamo noi adulti che, adesso, stiamo caricando queste nuove Barbie di significati che non hanno e appartengono, in buona parte, a paranoie della vita adulta.
Dico in buona parte e non del tutto, perché, non so se viene siete accorti, ma credo proprio di sì, i bambini sono tutto fuorché stupidi. Io da piccola giocavo con le Barbie originali no? Quella fine anni ’80 inizio ’90, con le tette senza capezzoli, le parti basse asessuate, il culetto sodo perfetto, le gambe lunghe due chilometri, i capelli biondi e le ciglia da cerbiatta. Ecco, io giocavo con quelle e due o tre domande, anche 4 o 5 anni, per non parlare dopo l’inizio della Scuola Elementare (e chiamiamola ancora così, che diamine, che Primaria non si può proprio sentire!), me ne feci eccome. Poi, quando iniziai a guardare in tv con mia sorella più grande Bervely Hills 90210 e Baywatch iniziai a capire qualcosa di più…e conclusi pensando: “ah ok, quindi le Barbie sono quelle lì americane che vanno sui pattini ai bordi della spiaggia”. Credo che sia utopistico pensare che un bimbo non si identifichi in qualche modo con i giocattoli che utilizza, e che le storie che si inventa giocando non abbiano, in realtà, un filo logico piuttosto comprensibile: dunque, che problema c’è se le bimbe di tutto il mondo avranno qualche possibilità in più di inventare storie con personaggi diversi?
Le stronzate sulla liberalizzazione del concetto di “curvy”, o su quanto possa essere bello o meno essere basse e minute, per non parlare di tutti i soliti discorsi triti e ritriti sul colore della pelle, sono tutti ragionamenti che appartengono di fatto al nostro mondo adulto. Alle nostre percezioni. Vediamo una Barbie con le forme e gridiamo “oddio, adesso le nostre bimbe più cicciotte si sentiranno in dovere di giocare con la Barbie che più le assomiglia!”. A me, onestamente, pare follia.
Ditemi pure che lo penso solo perché non sono madre, non mi offendo, anche se lo trovo un ragionamento piuttosto basic. E, anzi, questa faccenda delle nuove Barbie mi ha dato la possibilità di riflettere su temi molto più ampi, su cui mi sono già espressa in passato, forse in toni, a questo punto lo penso, fin troppo bonari. Sono stata una bambina grassa, usiamo gli aggettivi giusti per pietà, che dire “sovrappeso”, “in carne” e via discorrendo lo trovo quantomeno urticante. Ero una bambina grassa, punto. Ciò che ha minato la mia autostima e ha reso il percorso di crescita difficile non sono stati certo i miei giocattoli, bensì i commenti e le prese in giro gratuite di altri bambini, ma anche dei loro genitori, di alcuni insegnanti persino. Questo ha minato la mia autostima: di quando una volta all’intervallo la maestra mi strappò una focaccina rotonda dalle mani comprata al baretto della scuola dicendomi “quante ne hai mangiate eh? Quante ne hai mangiate!!”. Alla soglia dei 30 anni ripenso a tutto questo con una enorme gigantesca, RABBIA. Perché a quell’età ci vuole un nulla per farti sentire diverso e sbagliato, e, da sola, non hai ancora tutti i mezzi per capire.
Nella primissima adolescenza ho capito che il mio peso influiva pesantemente sul fatto che qualche ragazzino potesse trovarmi attraente. E allora mi sono messa a dieta. Ho perso 12 chili tra la prima e la seconda media, sono svenuta in piscina una volta perché forse mangiavo un po’ troppo poco per una adolescente in crescita (ed ero in cura da una bravissima dietologa eh), ma la mia autostima migliorava, notavo che gli altri si accorgevano dei miei cambiamenti, finalmente potevo mettere i jeans a zampa, le Fornarina con la zeppa e un’altra marea di quelle cose orrende di moda in quegli anni, senza sentirmi un’emarginata, inscaccottata in pantaloni over, felpe over, magliette over. Quello che allora non sapevo, ma che adesso so invece benissimo, è che non stavo facendo quel percorso per me stessa in realtà, ma lo stavo facendo per gli altri, per essere accettata dalle loro menti ristrette, e non c’è nulla di più sbagliato. Cosa è cambiato nel corso degli anni? Crescendo, incontrando i medici giusti, ho prima di tutto scoperto che il mio peso yo-yo dipende da un malfunzionamento della tiroide, l’ipotiroidsimo è una malattia e come essa ve ne sono molte altre, di patologie, che influiscono sul peso. Poi c’è anche a chi piace mangiare e non si cura eccessivamente dei chili in più o in meno, poi c’è chi mangia, oggettivamente troppo, arrivando ad avere un rapporto compulsivo con il cibo, che può sfociare, a sua volta, in altre patologie ancora.
Quello che voglio dire è che sono in pochissimi, alla nascita, destinati ad essere forever and ever come Barbie e Ken (quelli delle origini eh), la forma fisica può essere condizionata da una patologia specifica, ma onestamente non credo che accettare in toto il proprio corpo così com’è e mettersi a sbandierare ai quattro eventi “l’orgoglio curvy” “l’orgoglio plus-size” o, al contrario, “l’orgoglio ana” sia la via per fare comprendere a tutti che ogni persona è bella così com’è e non deve fare altro che un percorso di accettazione. Scusate, ma da persona con problemi di peso da tutta la vita lo trovo ipocrita.
Io non vorrei essere come la Barbie degli anni ’90, vorrei però sentirmi in forma, non aver disturbi ormonali, difficoltà di digestione, mal di schiena, problemi di circolazione, il fiatone dopo una corsa per prendere l’autobus o per salire le scale di casa e via discorrendo. E considerate che il mio sovrappeso è totalmente recuperabile e non eccessivo come in molti altri casi. Posso sicuramente uscire di casa e andarmi a comprare dei vestiti che mi facciano sentire una stragnocca da sbarco, e spesso lo faccio. Poi mi trucco, mi sistemo i capelli, mi ingioiello, faccio tutti i triccheballacche del caso. Vado al mare, in piscina e alla Spa e faccio il bagno senza il burka. Ho avuto dei ragazzi, un compagno per tantissimi anni che mi ha vista più o meno in qualunque condizione e bon, la mia vita, fondamentalmente, non si è evoluta su binari diversi rispetto a quella di donne simil-Barbie, eppure, dico, eppure, un’insoddisfazione di fondo mi è sempre rimasta dentro. Quel non avere accesso a tutti i capi di abbigliamento che ti piacciono, perché non ci sono nella tua taglia o perché, oggettivamente, ti stanno di merda, ad esempio. Vorrei avere il coraggio di andare in giro con una bella minigonna inguinale nonostante le mie belle cosciotte di pollo, eppure non ce l’ho, perché dico NO, le minigonne mi stanno di merda, le lascio a chi stanno bene e io mi metto una longuette con forma ad A. Lavoro persino nel magico mondo della moda, e sono avvantaggiata nel sapere riconoscere forme e styling giusti, non tutti hanno questa fortuna, e, spesso, se non quasi sempre, nei negozi di abbigliamento non esistono persone sufficientemente formate per consigliare e guidare nel modo giusto una donna alla valorizzazione del proprio corpo.
Quello che voglio dire in sostanza è che accettarsi si può, ovvio. Volersi bene anche, perché il volersi bene non è solo una questione fisica, ma anche mentale. Io, ad esempio, so di essere una con gli attributi quadri, so di essere intelligente (quando voglio), so di essere smart e ironica, di essere facilmente adattabile, insomma, so che il fascino che spesso esercito negli altri, parliamo pure di fascino che esercito in individui dell’altro sesso, poco ha a che fare con la mia forma fisica, ma, lo dico onestamente non mi basta. Non voglio veder comparire la tartruga sull’addome, voglio solo non avere più mal di schiena, sbalzi ormonali, fiatone, e compagnia andante. Ho sempre fatto sport, più o meno intensamente a seconda dei momenti della vita e dei problemi specifici di quei periodi, la cosa che mi sento dire più spesso è: “cavolo però per essere come sei, sei bella soda!”. Eggià, come un uovo! Per essere come sono? Come sono? Io oggettivamente, anche se con tutta la vita che è passata in mezzo nel frattempo, non mi vedo poi molto diversa dalla bambina grassa delle elementari, ciò che cambia davvero la prospettiva sono i mezzi che ho, e che all’epoca non avevo, per non sentirmi minata, svalutata e insultata da tutto questo.
C’è chi dice che molti medici, riguardo alla forma fisica, sfoderano sempre le solite frasi trite e ritrite, giusto per demonizzarti e farti spaventare. Ragazzi non credo sia così, suvvia, hanno studiato 10 anni e più per buoni motivi, vogliamo riconoscerlo o no? Negli ultimi due anni la mia tiroide ha fatto più capricci del solito, sto ancora lottando per trovare un dosaggio giusto di medicine e stabilizzarmi, faccio esami di controllo e di routine e almeno 3 medici diversi negli ultimi mesi mi hanno detto “Signorina deve fare uno sforzo in più nella perdita di peso”. Vuoi che sia perché ti vedono in età da marito e potrei rimanere incinta da un momento all’altro (attualmente solo con la forza dello Spirito Santo, ma loro questo non lo sanno), vuoi perché se ti presenti da loro con edemi sulle gambe per tutta la santa estate cosa dovrebbero dirti? Va tutto bene, stia un po’ al fresco in montagna che poi passa? No, non dovrebbe succedere, non ad una ventinovenne in sovrappeso, ma non un sovrappeso eccessivo. Perché, mi domando, se sto così di merda io, come stanno tante altre ragazze che di problemi fisici e patologie soffrono più di me?
Per completare il ciclo di cambiamenti che ha caratterizzato la mia vita negli ultimi mesi mi sono iscritta in palestra (un altro ostacolo non da poco, credetemi, perché sudare come un facocero irlandese mentre tutt’intorno a te delle Barbie anni ’90 non perdono nemmeno una goccia di sudore dopo 40 minuti di tapis-roulant velocità 8, ti fa girare abbastanza il culo!), mi sono iscritta in palestra, dicevo, e ho prenotato al momento 6 lezioni con un personal trainer, che ho conosciuto, mi è stato empaticamente simpatico, a cui ho già raccontato tutta la valanga di miei problemi e che ho capito subito è pronto ad aiutarmi in modo mirato. Giusto oggi pomeriggio avrò la mia prima lezione con lui e, francamente, non vedo l’ora. A differenza di quello che ho fatto anni fa, da ragazzina delle medie, oggi sento di fare tutto questo per me stessa, solo ed esclusivamente PER ME. Lo so che potrei non fare nulla, lo so che volendo ben vedere, sono bella anche così, ma questo non significa doversi fermare nella vita all’idea e all’immagine di noi stessi che raggiungiamo, così come gli anni crescono, il nostro viso cambia, cambiano le abitudini, lo stile di vita, il nostro corpo… Non si accetta semplicemente il cambiamento, lo si accetta e poi lo si cavalca, a briglia sciolta e con entusiasmo.
Io la penso così. E so che ora probabilmente verrò massacrata da colleghe che si occupano di moda curvy, fashion blogging curvy e via discorrendo, apriti cielo. Ma se proprio vorrete aprire un dibattito c’è una domanda a cui dovrete rispondermi e convincermi che a sbagliare sono io: “Che diamine vuol dire orgoglio curvy?”.
Dalla ode alle forme delle nuove Barbie siamo finiti in questo tema scottante, non volevo, ma poi è venuto fuori così. Quando scrivo con il cuore le dita sulla tastiera viaggiano da sole, e non ho tutto questo grande potere di auto-censura. Per tornare a loro, al giocattolo cult per eccellenza, dico: le nuove Barbie sono fichissime. Avessi 6 anni le vorrei tutte, per giocare con le mie amiche, da sola, con mia mamma o con mia sorella, ma non perché sono più basse, più formose, più alte, nere o gialle, semplicemente perché sono fichissime e rappresentano un oggetto del desiderio. Niente di diverso dal Dolce Forno, dal Grillo Parlante, il Coccolone o qualsiasi altro giocattolo dei miei cari e passati anni ’80-’90.
Scusate le tante parolacce, ma quando mi accaloro…
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