Lo so, sto per andare controcorrente, ma la cosa non mi spaventa. D’altra parte su questo blog ho scritto tante cose, compreso che una sfilata di Prada non mi era piaciuta per niente, dunque se nel settore devono pensare che sono una stronza a cui non va mai bene niente, che lo pensino pure. Io proseguo per la mia strada.
Ma, dicevo nel titolo, questa VFNO non mi è piaciuta per niente. Già l’anno scorso ho avuto i miei dubbi, ma quest’anno i dubbi si sono trasformati in pensieri concreti e, mentre ci impiegavo circa due ore a fare il tragitto Duomo – San Babila che normalmente impiega 5 minuti scarsi (se non ti fermi a guardare le vetrine), mi sono interrogata sociologicamente sul cosa possa spingere una quantità improponibile di persone ad indossare “l’abito della festa” e a scendere in piazza in nome della moda (?) e del’esibizionismo.
Quanti ieri sera hanno pensato davvero al progetto charity per l’Emilia?Quanti hanno comprato uno special item per fare beneficenza e quanti l’hanno fatto per aggiungere ad improbabili collezioni un trofeo “modaiolo”?Quanti erano in giro per farsi vedere e non per osservare ciò che la moda ha da offrire?
Ho visto stuoli di ragazzine tutte vestite uguali, e in sé non c’è niente di male, ho studiato sociologia anch’io ragazzi e so che l’omologazione è una delle caratteristiche dell’adolescenza, so che poi passa, so che a quell’età per sentirsi parte di un gruppo l’essere “uguali” nel linguaggio, nel vestire, nel modo di porsi, è fondamentale per sopravvivere indenni. Il problema è che quella che indossano e rappresentano è solo moda, e della moda da sola, cosa ce ne facciamo?Cosa ce ne facciamo della moda se dietro non c’è uno stile, non c’è un’idea, non c’è un percorso?
Una coda chilometrica all’ingresso del negozio Alcott aumenta la mia perplessità. Cosa spinge una persona a farsi una o due ore di coda davanti ad Alcott alla VFNO. Vi assicuro, una coda che nemmeno da Macy’s il primo giorno di saldi. Addirittura il supporto della polizia davanti al negozio Stroili Oro perché la soubrette Ilari Blasi firmava autografi e distribuiva gli orecchini in vendita come special item. Una folla adorante, figlia del mariadefilippismo che la guardava dalla vetrina ed esclamava “Guardala, guardala che bella!”.
Prima che la bolgia somigliasse davvero ad un girone infernale sono riuscita a fare un salto da Furla e godermi la nuova collezione con una certa calma, scambiando anche due chiacchiere con la gentilissima Giulia dell’ufficio stampa. Borse e accessori sono così belli che meritano di sicuro un post a parte e non una banale citazione in questo sfogo.
Tra gente in coda da Bershka per farsi fare la manicure e gente in coda, sempre da Bershka per farsi fare delle foto in stile “ingresso tappeto rosso”, gruppi di figuranti ballerini vestiti da giocatori di football e cheerleader, gente in coda, questa volta da Mango, per un bicchiere di Baileys al caffè (che avrei assaggiato volentieri anch’io, ma era assolutamente impossibile), me ne sono tornata mestamente a casa. Avevo un appuntamento a cui tenevo in Montenapoleone, ma ho guardato la folla che occupava la strada e ho capito che sarei morta asfissiata prima di raggiungere la meta e ho lasciato perdere.
Stamattina, una volta sveglia, mi chiedevo: ma sarà davvero così che Franca Sozzani sognava e voleva la Vogue Fashion’s Night Out milanese? Io spero di no!
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