Zara denunciata per sfruttamento del lavoro

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La notizia è del 19 agosto, giorno in cui ero ancora placidamente al lago in vacanza, me l’ha data il mio ragazzo di prima mattina: Zara accusata di sfruttamento del lavoro, anche minorile, nei suoi stabilimenti in Brasile.
Lui ci ha scritto un post di riflessione sul suo blog Tutto,niente e dintorni che ci ha fatto ben discutere tutta la mattinata, lo trovate qui: http://tuttonienteedintorni.blogspot.com/2011/08/zara-low-cost-no-one-dignity.html Passate a leggerlo, e dopo averlo letto magari, si capirà meglio il discorso che sto per fare io.
È da doccia fredda perché da Zara ci andiamo tutte suvvia, e non può non farvi venire un nodo allo stomaco, pensare che, magari, la vostra maglietta è stata realizzata da un ragazzino di 14 anni costretto a lavorare 15 ore al giorno, senza pause, in un ambiente insalubre, con fili elettrici scoperti e chissà quante altre diavolerie e pericoli.
Di primo impatto ho pensato che purtroppo nel settore tessile, e quindi in quello di produzione di abbigliamento, il più pulito c’ha la rogna…come si suol dire. Non che questo serva da giustificazione, anzi, rende ancora più deprimente il panorama generale. Ovviamente ci sono le eccezioni, l’alta sartoria (non sto parlando delle borse di Louis Vuitton, perché, come spero ben saprete, anche quelle vengono realizzate per l’80% in Cina e paesi affini) che ancora si avvale degli artigiani di un tempo, che lavorano spesso a mano e il cui lavoro è , nella maggior parte dei casi, ben retribuito. Ma si tratta di mosche bianche, casi isolati.
D’altra parte, ragionandoci sopra, il low cost non può esser giustificato solo dall’uso di materiali di medio-bassa qualità. È vero che la materia prima ha un costo, ma è anche vero che la manodopera costa, se pagata onestamente e messa in condizioni di lavorare dignitosamente. Dunque per abbattere i costi bisogna abbattere in modo sostanziale i costi della manodopera: ecco come finiscono per lavorare dei bambini, degli adolescenti, o anche adulti, per poco più (o anche meno) del corrispettivo di 100 euro mensili.
Il problema critico che mi sono posta, oltre al chiedermi quanti avranno letto la notizia, visto che non è stata sbandierata ai quattro venti, anzi, i tg non ne hanno parlato (almeno quelli che ho visto io), e anche la stampa online è stata freddina a proposito, è questo: anche se tutta l’opinione pubblica venisse messa in condizioni di sapere la verità su Zara&co e spinta a protestare contro tutti gli sfruttamenti, quanti, alla fine dei conti, boicotterebbero davvero i marchi low cost in nome di una moda etica, priva di sfruttamenti e inevitabilmente a prezzi maggiori?
La risposta che mi sono data è, purtroppo, pochi, perché dire nessuno è sbagliato. Però pochi sì, io per prima dubito che da ora in poi non comprerò più niente da Zara. È un cane che si morde la coda, perché uno vorrebbe anche vestire una moda etica, equosolidale, certificata, ma acquistarla e indossarla quanto costa in termini economici?
Al momento di sicuro ben sopra le mie tasche e quelle della maggior parte degli italiani. Gran parte del successo di Zara, se mi posso permettere, è stato quello di aver saputo cogliere stagione dopo stagione i trend migliori, rielaborandoli in chiave low cost, per la gioia delle fashioniste squattrinate, ma anche di quelle non squattrinate, fedeli alla filosofia che vede la capacità di portare e abbinare i capi come una dote innata che nulla a che fare con il costo dei capi stessi…D’altra parte anche Kate Middleton, neo sposa e principessa d’Inghilterra, ha indossato un abitino Zara in un’occasione ufficiale, no?
Nel continuo girarsi e rigirarsi della mondo della moda, il saper cogliere i gusti dilaganti fa la differenza, ecco qui il successo di Zara & co. Vuoi avere un abito simile a quello dell’utlima collezione di Chanel o di chi per esso? Da Zara lo trovi e ci fai pure bella figura se lo sai interpretare nel modo giusto. Chi si occupa di moda lo sa, ormai questo è un meccanismo psicologico difficilmente modificabile nelle donne (ma anche in tanti uomini) di tutto il mondo.
Mi dico che smettere di acquistare capi di Zara, significherebbe per coerenza critica smettere di comprare anche da molte altre catene, e ripiegare su moooolti meno acquisti annuali, informandosi sulle certificazioni in possesso dalle varie aziende, regolandosi di conseguenza, con il “rischio” di non riuscire a vestirsi a proprio gusto. (Quest’ultima affermazione, lo capirete, è una provocazione vera e propria, ma che ha il suo peso).
Non so dare una risposta a tutto ciò, per cui attendo le vostre opinioni.
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