Shiloh Pitt: educare i bambini al domani‏

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Di tutti i bimbi del mondo, la bambina più cliccata di queste settimane è lei: Shiloh Jolie Pitt o, come preferisce essere chiamata lei, John.

Di una bellezza straordinaria, e non poteva essere che così visto il patrimonio genetico ereditato, assomiglia per incarnato e colori d’occhi e capelli a babbo Brad, ma è come mamma Angelina nei lineamenti e nello sguardo deciso. La determinazione non è solo un’impressione, ma da quanto riferito dalla mamma, anche nei comportamenti, visto che ad otto anni vuole essere chiamata John e vestirsi da maschietto e i genitori non hanno nessuna intenzione di intervenire, ma accettano di buon grado le sue richieste e lo hanno dimostrato con i fatti.

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Alla prima a Los Angeles del film Unbroken, visto che la Jolie era a casa con la varicella, sul tappeto rosso hanno sfilato marito e figli e ciò che ha scatenato fotografi e stampa è stato il completo giacca e cravatta di Shiloh. Non è la prima volta che Shiloh compare in abiti maschili, oltre che in occasioni quotidiane (per quanto possa essere vita quotidiana quella della tribù Brangelina), anche in quelle da red carpet è già capitato: ad esempio anche alla prima di Maleficient è in gilet e camicia e ciò sorprende ancora di più se la si confronta con la sua sorellina Vivienne, che compare nel film nei panni della piccola Aurora ed è una principessa incantevole.

Tuttavia questa volta, visto che non si può parlare del look materno, Shiloh ha scatenato il coro delle vespe che ronzano fastidiosamente intorno a questa bimba di otto anni.

C’è chi ha parlato di Shiloh come di una povera cavia di un processo di non educazione, scomodando Rousseau e Montessori, chi ha convocato psicologhe e ha parlato di sindrome della piratessa, chi, come Selvaggia Lucarelli, elogia Angelina e ricorda come sia dura la vita dei transgender.

In realtà tutte queste sono ipotesi, non possiamo sapere se è tutta una mossa pubblicitaria, un reale bisogno della bambina o un’educazione scorretta.

Possiamo solo limitarci a riflettere con la nostra testa davanti a quelle foto patinate e pensare a quanto, comunque e dovunque, non importa se tu sia o meno Shiloh, sia difficile anche per i bambini non essere ciò che gli altri si aspettano tu sia.

Noi adulti ormai ci conviviamo, alcuni con malcelata sopportazione o con opportuna convenienza, altri con adeguato senso critico, adeguandoci il più delle volte alle situazioni, al cosiddetto contesto sociale, riconoscendo la differenza tra vita privata e pubblica; comprendiamo che fare il diverso isola e, a meno di non volere essere ad ogni costo l’eccentrico, bisogna scendere a compromessi e che poi alla lunga anche essere l’eccentrico (a meno che uno non sia un vero artista) è solo un ulteriore maschera dietro cui nascondiamo le nostre incapacità ad accettare il mondo per come è, ad essere una parte attiva e integrante della realtà e non una cellula isolata, chiusa in un sistema che inizia e finisce lì.

Ci si dovrebbe ricordare che un discorso di convenienza, adeguatezza, vita privata/pubblica, non può essere compreso da un bambino. Lui vive seguendo i suoi istinti, i suoi impulsi e non è in grado di gestire il peso delle pretese che gli adulti proiettano su di lui.

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Come se ci fosse un libretto di istruzioni applicabile ad ogni bambino, ci aspettiamo che a determinate azioni corrispondano conseguenti reazioni. Meglio non regalare la Barbie, altrimenti da adulta la bambina sarà un’oca tutta curve; meglio non comprare soldatini, altrimenti il maschietto diventa un guerrafondaio. Un decalogo, leggi non scritte, per cui le bimbe devono avere i codini e i bimbi amare le auto, e, se una femminuccia taglia i capelli a caschetto, sarà guardata come una diversa e per la prima volta proverà la vergogna. Le altre bimbe con i codini faranno branco istintivamente, perché hanno sempre sentito dalla mamma che le femmine devono avere i codini.

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Se poi capitasse di vedere un bambino con in mano una bambola o una femmina che gioca con delle pistole giocattolo, avverrebbe il cortocircuito e se una bimba, come Shiloh, si vestisse da maschio, sarebbe il delirio (come in effetti è). Non si saprebbe in quale categoria inserirlo: un alieno che sfugge ai libretti di istruzione per i bimbi normali. Si scomodano psicologi, pedagoghi e chi più ne ha, più ne metta per spiegare come possa accadere, senza provare ad accettare la risposta più semplice. Il mondo per un bambino è ancora tutta una scoperta, la sua identità deve svilupparsi ed è giusto, anzi sintomo di intelligenza, essere curiosi. A noi, adulti, specialmente se genitori, spetta il compito di avvisarli del male che c’è nel mondo, mostrare loro che c’è anche del buono. È giusto fornire loro quei mezzi con cui possano sviluppare senso critico e imparare a scegliere con la loro testa, senza imporre loro cosa fare, ma accettando la loro voglia di scoprire senza però abbandonarli a loro stessi, ma accompagnandoli nel viaggio, ricordandoci anche che il proibito attira sempre. Non è che nello zainetto delle vostre bimbe c’è una Barbie ben nascosta?

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