L’Avvento: come riscoprire la magia dell’attesa

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Tutto e subito: è il motto di questo millennio che ha sempre fame di novità da condividere in rete. Bisogna essere veloci, tutto a disposizione e le esperienze sempre diverse. Cosa c’è di più diverso da questa filosofia di vita rispetto all’Avvento? Ventiquattro giorni di attesa per poi festeggiare il Natale, il giorno più carico di tradizioni dell’anno. Non c’è alcuna sorpresa negli addobbi che ogni anno recuperiamo dalle nostre cantine o soffitte, nessuna novità in come festeggeremo la giornata e neppure la competizione fratricida tra panettone e pandoro ci stupisce più di tanto. Viviamo quei giorni con ansia per tutti i regali da acquistare, per le tovaglie del pranzo da comprare e tante altre commissioni, che viviamo come incombenze da risolvere perché tanto sappiamo che alla fine non vale la pena affaticarci tanto perché nessuno noterà come la tavola è apparecchiata e i regali spesso saranno riciclati.

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Disillusi completamente, siamo disillusi dal dì di festa e così i giorni precedenti hanno perso qualsiasi magia. Insomma scissi tra l’uomo esteta e un Leopardi di noi altri, l’Avvento e in genere qualsiasi tipo di attesa ci è insopportabile. L’attesa di un incontro, di una mail, di un messaggio (tanto che per sopperire alle nostre ansie What’s app ha introdotto la doppia spunta blu), ci sembra un’inutile perdita di tempo. Con questo spirito, quando mia figlia Maria Vittoria, di due anni, ha ricevuto a novembre da sua nonna un calendario dell’avvento, ho scosso la testa sapendo che sarebbe stata una missione impossibile evitare che aprisse tutte le caselline in una volta per gustare i cioccolatini nascosti dietro ogni casellina. Insomma io stessa avrei fatto così: tutto e subito. E poi che sorpresa c’è nell’aspettare quando capisci che dentro ci sono solo cioccolatini?

In ogni caso per evitare che la nonna, alias mia mamma, mi sgridasse scoprendo che il suo dono era stato così consumato e dimenticato, ho appeso il calendario e ho spiegato a Maria Vittoria cosa dovessimo fare e lei mi ha sorpreso (continuo a sorprendermi di quanto sappia sorprendermi). Per tutta l’ultima settimana di novembre, ogni mattina, indicava il famigerato oggetto, appeso in cameretta, e diligentemente aspettava. Il primo dicembre però ero io ad aspettarla al varco: aperta la prima casellina, avrebbe voluto aprirle tutte, piombando in un girone di cioccolatini ed invece.. una sola casella, un solo dolcino e la stessa scena si è ripetuta il giorno successivo e così via.

La nonna ha gongolato per aver avuto ragione. Io, sospettando uno strano patto tra mia figlia e mia madre, ho indagato se anche i bimbi delle mie amiche fossero così diligenti e se sapessero aspettare e il sondaggio ha dato un risultato incredibili. Tutti diligenti: il bimbo di tre anni che accende da solo lo stereo per ascoltare le strenne natalizie, aggiungendo un personaggio al presepio, ma uno solo al giorno; la bambina di sette che ogni giorno attacca una stellina in più alle finestre; il maschietto di cinque che fa un disegno al giorno da qui alla Vigilia. Piccoli rituali d’attesa e come in ogni rituale, vi si intravvede la magia negli occhi speranzosi dei bimbi, che aspettano il giorno di Natale, certi che ne varrà la pena.

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I bambini sanno aspettare e in effetti, parlando con le altre mamme, ci siamo ricordate che un tempo anche noi sapevamo aspettare. Apprezzavamo il tempo dell’attesa, crogiolandoci, sognando ad occhi aperti il momento in cui ciò che aspettavamo sarebbe arrivato. Così una racconta di come attendesse la lettera di auguri del suo amico francese, ogni giorno controllando e sospirando davanti alla casella della posta (e tutte ridiamo ricordando che si usava carta e penna: siamo proprio di un’altra epoca!) e poi finalmente la missiva tanto sospirata arrivava, due righe scritte in francese, ma che emozione! L’altra ricorda come a maggio incominciasse ad aspettare le vacanze estive e poi quando finalmente a luglio giunta al mare le toccasse aspettare ancora un po’ prima di tuffarsi nell’Adriatico perché la sua amica arrivava sempre tardi in spiaggia, ma poi quanto era incredibilmente rigenerante quel bagno nelle onde! Ed io… io mi ricordo di come fossi un’integralista del Natale, dal primo dicembre iniziavo a decorare casa; da brava milanese non perdevo né la fiera dell’aritigianato, né i tradizionali Oh bej oh bej ed il giorno dell’Immacolata preparavo l’albero e così via in un rituale cadenzato di preparativi fino al giorno di Natale, culmine e termine di questa attesa.

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Una di noi, mentre la conversazione si perde in mille rivoli, dice con una semplicità disarmante, come ogni lucida verità, che è assurdo che noi mamme siamo disilluse nell’attesa. Noi dovremmo sapere che talvolta la Natura rende più di quello che promette, noi che abbiamo vissuto per nove mesi aspettando l’evento che ci avrebbe cambiato la vita, facendo preparativi e immaginando come sarebbe stato… e poi dopo il parto lo stupore e la meraviglia è stata al di là di ogni aspettativa.
Così ciascuna di noi torna a casa con il proprio bimbo, che ha lo sguardo perso nelle luminarie.
Guardandolo, pensiamo che proprio ne vale la pena: è tempo di fare l’albero.

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