Bari in tre giorni: ecco il racconto della quarta tappa del #MomaGrandTour in giro per l’Italia. Da maggio ad oggi tanti sono i chilometri percorsi, e ne mancano ancora da percorrere insieme a voi. Manca il racconto di una Napoli da spezzare il fiato e di una Firenze da riscoprire. Ma ora è il turno di Bari.
Bari è una sorpresa. Chissà perché non si tratta di una di quelle mete “classiche” che uno decida di includere in un viaggio verso Sud. A meno che non ci sia qualcuno che ti consigli caldamente di fermarti a visitarla, o a meno che tu non stia partecipando ad una crociera organizzata, ma questa è un’altra storia. Bari ti accoglie, con un insieme infinito di mescolanze culturali che saltano agli occhi anche al più acerbo degli studenti di storia dell’arte, o di sociologia. Perché il mix non è solo artistico, ma anche, e forse soprattutto culturale.
Sono arrivata la mattina prestissimo, dopo un salto tra le nuvole che mi ha quasi permesso di vedere l’alba. Per questa tappa ad ospitarmi è una strutta Mercure, precisamente L’Hotel Villa Romanazzi Carducci, immerso in un contesto storico meraviglioso. La Villa, infatti, è situata nel parco in cui si trova immerso l’Hotel stesso, si tratta di una dimora storica dal fascino innegabile, molto ricercata per banchetti e ricevimenti. Una magnifica piscina all’aperto costituisce il fulcro delle attività all’aria aperta nel periodo estivo. È presente anche un ristorante à la carte, nel quale ho avuto il piacere di cenare entrambe le sere della mia permanenza gustando ottimi piatti tipici della tradizione pugliese, talvolta rivisitati con una chiave moderna.
BARI TRE GIORNI: COSA VEDERE
Io, che ho l’abitudine a “perdermi” nella città che non conosco, a Bari l’ho fatto molto volentieri. Una volta raggiunto il centro città comodamente a piedi dalla stazione (10 minuti di cammino dall’Hotel), avrei davvero voluto seguire la cartina che mi avevano gentilmente fornito in reception, ma poi ho preferito, ancora una volta, seguire il “richiamo”, quella voce interiore che ti fa svoltare prima a destra piuttosto che a sinistra, seguendo un percorso tutto tuo, che poi magari ti riporta sui sentieri più battuti dai turisti, ma nel frattempo ti permette, appunto, di perderti. E di scoprire angoli e dettagli che di certo su una qualsiasi guida non saranno segnati.
Di Bari mi ha colpito il lungomare, e questo di per sé potrebbe apparire banale. Ma secondo me non lo è affatto, perché il lungomare ha due piani di visione differente. Il primo, più semplice, è proprio quello del lungomare in senso stretto, una camminata lunghissima che costeggia la riva, prima nella zona del porto, fino ad arrivare alla spiaggia cittadina. Poi c’è un altro lungomare che “si fa dall’alto”, il mare lo vedi lo stesso, ma devi guardare verso il basso, perché intanto stai camminando su strade antichissime che, prima o poi, ti faranno ritrovare sul retro della Cattedrale di San Nicola. Imponente, ma non austera, di una bellezza che puoi vivere e comprendere davvero solo entrando, credente o non credente che tu sia, la sensazione che si respira è quella di un intenso misticismo, c’è chi parlerebbe di fede, io sarei ipocrita a farlo, dunque posso parlare di un’emozione, generica, ma intensa. Da qui l’istinto suggerisce di immergersi tra i vicoli della città vecchia, che non ha nulla a che fare con i pericoli di cui si è sentito chiacchierare in qualche trasmissione televisiva, ma è in realtà di una bellezza disarmante e decadente al contempo.
Di una decadenza dignitosa e frizzante però, tra il vociare dei commercianti e degli abitanti che parlano un dialetto sconosciuto (che in un secondo momento la mia speciale guida della città, Giovanni, mi farà notare quante assonanze abbia, e non a caso, con la lingua araba). Tra balconcini fioriti e una marea di lenzuola e panni variopinti appesi alle finestre che ti danzano sopra la testa, camminare con il naso all’insù è quasi d’obbligo. L’attenzione a volte è attirata dai portoni che si affacciano su strada dove non è affatto insolito trovare le donne che immerse nel loro chiacchiericcio preparano a mano, con una velocità che ha dello strabiliante, le famosissime orecchiette.
Un’altra tappa obbligata distante pochi minuti a piedi dalla città vecchia è il Castello Svevo Normanno, più che un castello un’imponente fortificazione, a difesa della città. Un simbolo, che fa tornare in mente qualche lezione di storia sepolta nella memoria, e ti fa ricordare soprattutto della grandezza di Bari stessa, della sua importanza strategica ricoperta per secoli e secoli, importanza che l’ha resa sempre in territorio di conquista ambito.
Purtroppo il mal tempo che ha colpito la città per il resto della mia permanenza mi ha impedito di godermi appieno tante bellezze, che ho sentito raccontare dalla voce della mia guida (che ringrazio di cuore per la professionalità e la passione con cui mi ha raccontato Bari e me l’ha fatta immaginare anche sotto il diluvio, se desiderate il contatto di una guida privata a Bari sarò felice di darvi il suo privatamente) e che ho sbirciato dal vetro della macchina, ma che, con la pioggia scrosciante non ho potuto fotografare.
Eppure, il dispiacere di non viverle del tutto, non mi ha tolto il piacere di scriverne, forse perché le chiacchiere con Giovanni davanti ad un caffè mi hanno permesso di elaborare dei pensieri come quelli che sto scrivendo. Tra turisti con le scarpe in mano e l’acqua alle caviglie siamo passati davanti al Teatro Petruzzelli, dalla storia tanto gloriosa quanto sfortunata, ho scoperto la storia dello spazio Eataly di Bari, bellissimo, vista mare, avrebbe potuto essere qualcosa di più, si è arenato davanti alla “non comprensione” di alcuni cittadini. Ho ammirato anche tutta una zona nuova e cool di Bari, frequentata da universitarie e giovani famiglie: qui storia e architettura, quantomeno quella di antica memoria, non hanno nessun peso, ma sono testimonianza di una città viva, che emerge e riemerge, e cerca di farsi conoscere e mantenersi ai passi con i tempi di “colleghe metropoli del nord” sulla carta sempre più cool e patinate.
In definitiva Bari è una città in cui vorrei tornare, magari in estate, per godermi una bella cena di pesce all’aperto e per capire le differenze tra alta e bassa stagione (a livello turistico, si intende). Non so perché ma ho come la sensazione possa essere anche una di quelle città in cui è facile innamorarsi.
Vi lascio come sempre con il vlog che ho realizzato durante la mia permanenza e vi do appuntamento alle prossime puntate, Napoli e Firenze, che chiuderanno questa grandiosa esperienza del MOMA Grand Tour.
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